mercoledì 12 settembre 2012

Primo post scottante: ucciso ambasciatore USA in Libia; nuovi risvolti per le elezioni Americane



Dopo il giorno del poco male, molti sanno che segue il giorno del meno male. Se ci si aspetta qualcosa in un giorno significativo e nulla accade il giorno dopo, si tira un sospiro di sollievo. Questo oggi non accade.
Nei giorni in cui cade l'undicesimo anniversario del 9/11 nessuno si sarebbe mai aspettato che l'ambasciatore Usa a Bengasi, portavoce della politica Americana nello stato recentemente "liberato", potesse essere assassinato con un azione tanto ben organizzata. I colpevoli tutt'ora non si conoscono, si pensa a miliziani Islamici estremisti, addestrati alla guerriglia, i quali armati di lanciarazzi Rpg e armi automatiche hanno dato l'assalto al presidio statunitense. Aldilà della notizia di cronaca si pensi agli scenari politici possibili. Innanzitutto l'attacco è un sintomo della delicata situazione interna Libica, dopo la caduta di Gheddafi sappiamo veramente a chi è andato in mano il paese?

Quando nel 2001 Bush attaccò l'Afghanistan creò per diversi anni una sorta di transizione militare fra le forze americane e quelle indigene che caro costò ai militari in missione laggiù, vuoi statunitensi, vuoi Italiani o di altre forze di coalizione. La politica estera di Obama all'inizio del 2011, per il caso libico, non si rivelò così spregiudicata e invece di intervenire direttamente nella guerra civile libica, preferì avere un ruolo solo amministrativo con minimo intervento militare. La situazione è rimasta in uno stallo precario in cui il governo di transizione di Bengasi non ha saputo fare con la diplomazia quello che Gheddafi faceva con la forza: calmare i dissapori interni fra le tribù del deserto libico, gli estremisti Islamici e la popolazione europeista più emancipata che vive     a ridosso del mare. La Libia prima dell'9/11 era considerata il nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti, la base di tutti i terroristi del mondo a causa dell'attentato del volo Pan Am 103 (Per info: http://it.wikipedia.org/wiki/Volo_Pan_Am_103), ma con gli anni '00 i rapporti fra America e Libia si erano ripresi visto che il nuovo nemico mondiale Bin Laden era nato. Vedremo nelle prossime ore sviluppi della situazione in Libia.

Il versante Americano invece si riserva ricco di sorprese: in piena campagna elettorale per la poltrona di uomo formalmente più potente del mondo, questo attacco potrebbe divenire un testa o croce fondamentale per novembre. Il presidente Obama ha ovviamente condannato con i più duri toni l'accaduto, ma i dubbi sulla linea morbida della sua amministrazione estera sono corsi nella mente di molti suoi elettori. E' infatti lo sfidante repubblicano Mitt Romney che potrebbe prendere la palla al balzo e "usarla" mediaticamente per far crollare i democratici. I repubblicani si battono da anni per la linea dura contro il terrorismo mondiale e possiamo affermare francamente che l'elettore medio statunitense è facilmente influenzabile su questi argomenti. Gli americani vivono spesso nella paura di attentati e l'assassinio di un rappresentante della democrazia esportata nel mondo (che non sia un soldato) è un grosso colpo per la middle-class. Romney che stando ai sondaggi è pochi punti sotto Obama potrebbe puntare questi ultimi mesi proprio sul concetto di sicurezza e sul ruolo che l'America ha come protettore del mondo libero, un concetto che contribuì alla rielezione di Bush nel 2004. A meno di 56 giorni dall'Election Day Romney potrebbe avvicinarsi in un sol colpo alle forze armate che molti accusano di essere lontane dai progetti politici del repubblicano. Rimane un solo interrogativo che determinerà la scelta del prossimo Presidente: come la borsa reagirà a questo attentato in Libia.

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